Impiegata gira film porno, può essere licenziata? Cosa dice la legge

Il datore di lavoro è stato informato che una sua impiegata ha pubblicato su Pornhub video hard girati col compagno senza nascondere il viso (pienamente riconoscibile) e inoltre ha caricato sul web anche un video in cui pratica autoerotismo nel bagno aziendale. Impiegata gira film porno, può essere licenziata?

Questo è l’interessante spunto di riflessione che ci fornisce il “magnifico mondo del web”. Dove si ferma il diritto a fare ciò che si vuole nella propria vita privata e in che termini l’azienda può tutelare il suo diritto all’immagine?

Il licenziamento per giusta causa è legittimo quando la condotta adottata dal lavoratore subordinato, va a ledere il vincolo fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro al punto tale da, non consentire nemmeno temporaneamente la prosecuzione del rapporto.

Per gran parte della dottrina l’obbligo di fedeltà (art. 2105 c.c.) riguarda per lo più l’inadempimento degli obblighi contrattuali.

La giurisprudenza invece conferisce una nozione più ampia all’obbligo di fedeltà (si guardino ad esempio la sentenza n. 11220 del 14 giugno 2004 della sezione Lavoro della Corte di cassazione oppure la sentenza 2900/2008 della stessa Corte), il quale viene allargato attraverso il ricorso ad altre nozioni come la collaborazione agli interessi dell’impresa, la lealtà, la fiducia e soprattutto la correttezza e la buona fede nell’esecuzione del contratto. Il lavoratore, pertanto, deve astenersi non solo dai comportamenti espressamente vietati dall’articolo 2105 c.c, ma anche da tutti quelli che creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa stessa o che comunque siano idonei a danneggiare irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto. La giurisprudenza ha da tempo definito giusta causa di risoluzione “qualunque fatto idoneo a scuotere la fiducia del datore di lavoro”. Dunque, in quest’ottica si rileva che la giusta causa non sia soltanto un gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali, ma anche qualsiasi altra circostanza o situazione esterna al rapporto di lavoro idonea a rompere quel vincolo di fiducia tra le parti e ad impedire la prosecuzione del rapporto.

Come accennato in precedenza, gran parte della dottrina ritiene invece che la giusta causa si identifichi esclusivamente con un inadempimento degli obblighi contrattuali e che in alcun modo possa essere ricondotta a fatti esterni al rapporto di lavoro, che rientrino nella vita privata del dipendente o che riguardino i rapporti personali con il datore. Avviene solo in determinate ipotesi che eventi o comportamenti apparentemente estranei alla sfera contrattuale e magari attinenti alla vita privata del lavoratore, possano compromettere l’elemento fiduciario e quindi essere considerati “giusta causa” di licenziamento. Ma deve trattarsi di fatti in grado di incidere sull’aspettativa di un esatto adempimento dell’obbligazione lavorativa, non basta che sia pregiudicato un generico rapporto fiduciario o che sia messa in discussione la compatibilità personale tra datore di lavoro e lavoratore; occorre proprio che venga meno la fiducia nell’esatto svolgimento dei futuri adempimenti lavorativi. Questo perché la “dipendenza” del lavoratore non comporta un vincolo che investe la sua intera persona, che quindi non può essere sanzionato per circostanze estranee all’adempimento contrattuale e attinenti alla sfera privata.

Alla luce di quanto esposto finora, è evidente che un caso come quello in oggetto non sia di facile risoluzione, non essendoci una normativa ben definita e trovando divergenze interpretative talvolta nette anche stesso all’interno del mondo giuslavoristico.

Volendo tracciare una linea risulta chiaro che un dipendente che giri video pornografici sul luogo di lavoro, sforando quelli che sono i normali bisogni fisiologici di una persona e togliendo quindi tempo ai suoi obblighi lavorativi, può essere certamente e legittimamente licenziato. Diverso è il caso in cui lo faccia al di fuori del suo orario di lavoro, nel pieno delle sue libertà personali; in una situazione del genere, la fattispecie in oggetto potrebbe configurare giusta causa di licenziamento solo qualora la natura della prestazione lavorativa svolta, o comunque gli interessi e le finalità dell’azienda, vadano oggettivamente in contrasto con l’essere protagonista di filmini pornografici, andando quindi a danneggiare l’immagine dell’azienda e facendo venir meno la fiducia riposta nel dipendente per  poter svolger quel determinato ruolo.

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