Licenziamenti bloccati: quali alternative?

Sapevi che esiste un’alternativa ai licenziamenti bloccati previsti dal decreto Agosto?

Stiamo parlando di un accordo collettivo aziendale di risoluzione del rapporto di lavoro da stipulare con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale al quale i lavoratori devono aderire individualmente.

Nonostante la cessazione volontaria del rapporto di lavoro, a coloro che decidono di aderire viene comunque riconosciuta la Naspi.

Scopriamo più nello specifico di cosa si tratta e come redigere l’accordo.

Questo è possibile perché, non si tratta di licenziamenti bensì, di risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, avvallate dalle organizzazioni sindacali. Il legislatore, in virtù della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, riconosce il beneficio della Naspi. Il che non è cosa da poco, dal momento che le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, pur sempre possibili anche in costanza del blocco dei licenziamenti, erano per così dire “frenate”, anche in presenza di incentivi, proprio dalla impossibilità di accedere alla Naspi fatta eccezione per alcune fattispecie, quali ad esempio, la risoluzione consensuale a seguito di trasferimento del lavoratore in una sede di lavoro distante più di 50km dalla propria residenza.

Possiamo inoltre affermare che per raggiungere l’accordo aziendale non serva attivare alcuna specifica procedura, tantomeno la procedura di licenziamento collettivo prevista dalla legge 223/1991, preclusa dalla norma stessa.

Non c’è neppure un limite per il personale interessato all’incentivazione, che potrà essere anche inferiore a quattro. Si tratta, per espressa disposizione, di accordo collettivo aziendale e, sono quindi esclusi contratti collettivi di diverso livello, nazionali o territoriali. Tuttavia, è imprescindibile il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali esterne. La norma fa riferimento alle «organizzazioni sindacali», e non alle loro rappresentanze in azienda. Quindi sembrerebbe imprescindibile. Organizzazioni sindacali esterne che, per la validità dell’accordo, dovranno rientrare tra quelle «comparativamente più rappresentative a livello nazionale». Il che ripropone il controverso dibattito sulla rappresentatività sindacale. La sottoscrizione da parte delle associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo nazionale applicato in azienda dovrebbe porre al riparo da problemi. Sarà necessario quindi, stipulare l’accordo con le associazioni sindacali più rappresentative sul territorio dotate del requisito di rappresentatività nazionale.

Sul contenuto dell’accordo la legge nulla dice, se non che debba prevedere la possibilità di arrivare a risoluzioni consensuali incentivate con i lavoratori che intendano farlo. Una sorta di “autorizzazione” di fonte collettiva a procedere a risoluzioni consensuali individuali. È prevedibile tuttavia che le organizzazioni sindacali vogliano entrare nel merito dell’incentivo da riconoscere e delle tempistiche e modalità degli accordi risolutivi.

Dal punto di vista aziendale, nel redigere l’accordo occorrerà porre particolare attenzione a due punti:

  • Circoscrivere attentamente il perimetro dei destinatari della proposta di incentivazione, o meglio ancora riservarsi la possibilità di accettare o meno la disponibilità alla risoluzione consensuale, per evitare il rischio di uscite incontrollate di personale necessario;
  • Chiarire che l’accordo sulle uscite volontarie incentivate non è necessariamente risolutivo delle eventuali problematiche di esubero, che potrebbero (quando sarà possibile) essere affrontate con gli strumenti ordinari.

Quanto agli accordi di risoluzione individuali, la norma non richiede forme particolari, limitandosi a parlare di “adesione” all’accordo collettivo. Non è quindi di per sé necessario che siano sottoscritti in sede protetta (articolo 2113 comma 4 del Codice civile). Tuttavia, se le risoluzioni consensuali si accompagnano, come accade pressoché sempre nella pratica, a una transazione generale che precluda ogni possibile futura rivendicazione, la sede protetta si impone per la validità di quest’ultima (e consente anche di risolvere in radice il problema dell’ applicazione della procedura telematica di risoluzione consensuale prevista dall’articolo 26 del Dlgs 151/2015).

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