Smart working: meglio il lavoro in presenza o da remoto?

Il 2020 è un anno che resterà nei ricordi di tutti poiché l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha cambiato lo stile di vita di molte persone, tra i cambiamenti più diffusi vi è lo smart working o lavoro agile.

Secondo i risultati di una ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, per adattarsi ai nuovi stili di vita dovuti alla pandemia il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate di lavoro in smart working, portandole in media da uno a 2,7 giorni alla settimana.

Ecco cosa dicono il direttore e il Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working (fonte: osservatori.net“L’emergenza Covid19 ha accelerato una trasformazione del modello di organizzazione del lavoro che in tempi normali avrebbe richiesto anni, dimostrando che lo Smart Working può riguardare una platea potenzialmente molto ampia di lavoratori, a patto di digitalizzare i processi e dotare il personale di strumenti e competenze adeguate. Ora è necessario ripensare il lavoro per non disperdere l’esperienza di questi mesi e per passare al vero e proprio Smart Working, che deve prevedere maggiore flessibilità e autonomia nella scelta di luogo e orario di lavoro, elementi fondamentali a spingere una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Bisogna mettere al centro le persone con le loro esigenze, i loro talenti e singolarità, strutturando piani di formazione, coinvolgimento e welfare che aiutino le persone ad esprimere al meglio il proprio potenziale”.

“Nell’emergenza abbiamo acquisito rapidamente consapevolezza dei vantaggi del lavoro agile e abbiamo avuto l’opportunità di sperimentarlo su vasta scala, pur se in una forma atipica. Il rischio, però, è di trattarlo come un obbligo normativo o una misura temporanea ed emergenziale: si tratta invece di un’occasione storica che ci porterà verso un “New Normal”, con benefici non soltanto nel lavoro, ma sull’intero ecosistema di servizi, città e territori”.

Ma realmente lo smart working ha solo lati positivi per l’azienda e per il lavoratore? Tutte le aziende dovrebbero approfittare di questo momento per rivedere il proprio modello di organizzazione del lavoro?

Sicuramente chiudere la sede fisica per la pandemia è la soluzione più semplice e veloce ma può comunque avere i suoi svantaggi se non vi sono momenti di presenza in azienda ed una buona organizzazione del lavoro da remoto con il giusto coinvolgimento e comunicazione tra l’azienda e i suoi dipendenti. È importante una cultura aziendale idonea per evitare aspetti come la mancanza di interazione sociale, scarsa concentrazione, scarsa identificazione con l’azienda, senso di isolamento. Bisogna ricordare che l’interazione umana è importante per l’azienda e il raggiungimento dei suoi obiettivi.

A tal proposito Marco Valsecchi, un giornalista di Linkedin Notizie ha lanciato un sondaggio sul canale social chiedendo agli utenti “Qual è il rapporto ideale tra lavoro da remoto e lavoro in presenza?”

25% da casa e 75% in ufficio   27%

50% da casa e 50% in ufficio   33%

75% da casa e 25% in ufficio   36%

Altro                                               4%

La maggioranza degli utenti ha risposto che preferisce il 75% di lavoro svolto da casa e il 25% di lavoro svolto in ufficio.

In conclusione si evince che nonostante la preferenza sia verso lo smart working, i lavoratori ritengono che una parte del lavoro deve essere comunque svolto in presenza così da poter mantenere le relazioni umane, sentirsi parte dell’azienda e di un team.

E tu cosa ne pensi? Preferisci il lavoro in smart working o in presenza?